La disputa tra belgi e francesi per decidere quale dei due paesi sia stato il primo ad inventarle dura da secoli.
I belgi si appellano ad un manoscritto risalente al lontano 1781, in cui veniva riportato un aneddoto molto singolare: i valloni, la popolazione autoctona dell’epoca, amavano friggere piccoli pesci pescati nella Mosa; durante l’inverno, però, il fiume gelava rendendo impossibile la pesca. Fu questo il motivo per cui decisero, inizialmente solo per la fredda stagione, di sostituirli con le patate, che venivano fritte allo stesso modo e tagliate a forma di bastoncino, come riferimento ai pesciolini.
Le patatine fritte del Belgio vengono fatte con una varietà di patate speciali, che cresce in Belgio e nel nord della Francia, chiamata “Bintje”.
In Belgio il clima è perfetto per la coltivazione di patate, grazie alla grande ricchezza di nutrienti nel suolo e al clima umido: le piogge naturali sostituiscono infatti l’irrigazione artificiale.
Le frites – come vengono chiamate in Belgio – vengono raccolte, lavate e pelate, prima di essere tagliate: non sono le classiche patatine fritte a fiammifero, vengono tagliate in tre diverse misure ma sempre abbastanza larghe, in modo da essere croccanti fuori e lasciare all’interno una parte di polpa morbida.
Anche il metodo di frittura è importante per rendere le frites così uniche e buone: la doppia frittura va fatta con l’olio vegetale o con il grasso bovino “Blanc de bœuf” – che dà alle patatine belghe quell’odore molto riconoscibile – e la temperatura dell’olio non deve superare i 175 gradi centigradi.
Il Belgio è il primo esportatore al mondo di patate fritte surgelate e i belgi ci tengono a sottolineare che le patatine fritte non sono nate in Francia, ma in Belgio: vengono chiamate french fries solo per questioni di marketing.